Quando: crociere di 7 giorni e 8 notti giorni con partenze il il 20 febbraio 2021, e one way da Bodo a Tromso dall 1 al 12 marzo, via Senja. Successivamente partenze ogni 10 giorni a partire dal 13 marzo da Tromso. Nei mesi di luglio e agosto ritorno alle Lofoten e partenze ogni 10 giorni da Bodo.
Aeroporto: Bodo fino a febbraio e da luglio a ottobre, Tromso da marzo a giugno
Dove: arcipelago delle isole nella zona di Steigen e Lofoten, poi da marzo a fine giugno Senja e Tromso
Meteo: classico meteo nordatlantico a forte variabilità, con perturbazioni brevi e frequenti. Temperature a livello del mare comprese tra i –8 e i 5 gradi di inverno, e tra i 15 e i 22 d’estat .
Aurora Borealis: la zona a nord ovest di Bodo e delle Lofoten offre condizioni ottimali per ammirare l’Aurora Boreale che offre spettacoli frequenti nel buio delle isole lontane dalle città. Senja è probabilmente la località migliore dove osservare le aurore, durante la crociera di marzo. Il periodo di visibilità inizia a settembre e termina ad aprile.
Barca: Swan 44, design Sparkman & Stephens, max 4 passeggeri
Itinerario: a seconda della meteo effettueremo un amplio tour intorno tra la zona di Steigen e le Lofoten, entrambe descritte nel sito nordlightx.com. A marzo spettacolare one way da Bodo a Tromso via Senja, 12 giorni. Sia nella zona delle Lofoten che nella zona di Lyngen e Senja le possibilità di scialpinismo sono letteralmente infinite.
Prezzo: 950 euro per 7 giorni/8 notti: il prezzo comprende la barca e lo skipper. Si condividono le spese di cambusa, gasolio e porti (mediamente 180 euro la settimana).
Il mattino
Ti potrà svegliare il sibilo del vento, magari la danza delle gocce di pioggia sul teak, o la curiosità delle zampe dei corvi sul ponte, o molto più prosaicamente il profumo del caffè che gocciola dal filtro, ma mai sarà una sveglia a turbare il sonno del viaggiatore emancipato avvolto nel suo guscio di piuma. Poi sarà il vento a scegliere la prossima rada, la barca uscirà quasi da sola dalla rada, a malapena disturbandone il silenzio e al viaggiatore non resterà che farle compagnia, magari terminando la colazione al caldo mentre si scivola nei primi canali e verso il mare.
In mare
Ogni volta che la prua entra in queste acque capricciose e lunatiche percepisco l’ansia del primo appuntamento, quell’incertezza che, nonostante mi sia agghindato al meglio, il mio vestito si dimostri completamente fuori luogo. Cadeau si accorge subito di galleggiare sul Vestfjorden, c’è sempre quella onda confusa, aritmica, scorbutica, femminile, imprevedibile.
A volte è perfettamente immobile, e si lascia accarezzare come un dito che scivola lungo una schiena di seta, solleticando appena la trasparente peluria intorno al solco della spina dorsale, con una cornice lontana e scura, appena cullato da antichi sussulti lontani con un’onda stanca e silenziosa . Il giorno dopo invece è così furente da non lasciarsi nemmeno guardare, non sente regole e ragioni e vuol solo morderti per la frustrazione che lo attende su quelle centinaia di scogli testardi che a breve avranno la meglio su di lui.
In alcuni giorni blu ti attrae dolcemente verso di se, ti seduce con voluttà e pizzi di nubi intorno a quelle geografie al limite dello scandaloso, per poi ricacciarti indietro senza alcuna pietà.
Altre giorni, come il 2 agosto 2020, ti inizia ad accarezzare impudicamente, mentre riposi sotto il piumino e come l’aria del nord, che sa di monti e di mare, entra dall’oblò a stuzzicarti il viso, ti porta all’estasi con la perizia lussuriosa di una amante che conosce ogni centimetro del tuo corpo. Poi il giorno successivo ti lega, ti prende per i capelli, ti rivolta la testa all’indietro di ti dice guarda, apri gli occhi, fa che si riempiano di spruzzi ghiacciati, e ti ricorda che sei un nulla al suo cospetto, schiavo ai suoi piedi, e preghi perché finisca presto.
La tua unica tua strategia è cercare di capire e studiare questo partner bizzoso e micidiale, cercare di cavalcarlo nella direzione migliore, trasformando il timore in adrenalina, in esaltazione erotica, gettandoti tra le sue onde con cupidigia e lussuria, lasciandoti trasportare e rotolare tra le sue falde gaudenti di velluto nero e lucido come l’acciaio, verso amplesso senza alcun sentimento dove ognuno vuole prevalere sull’altro
In montagna
Si cresce quando si esce dal proprio giardino per esplorare le foreste del mondo, senza limitarsi ad ammirare le montagne solo perché ci si sente uomini di mare. Snobismo, questo, che qui in Norvegia è considerato blasfemo, sospesi come si è tra vette e abissi. Inoltre ho sempre considerato piacevole camminare in montagna, armonizzando pensieri e respiro, scrivendo storie con i passi e polmoni, e alimentando memorie fatte di aria e silenzio. Era giunta l’ora di allontanare l’orizzonte.
Scelsi un piccolo porticciolo di pescatori sotto una montagna soffice e benigna, misi le pelli stendendo gli sci sul lavandino e li gettai sul molo. Quel giorno era coperto, una atmosfera che si abbina bene alle montagne norvegesi perché qui il mondo dimentica il grigio e si veste di opache sfumature indaco e violetto. Nessuno sciatore e nessuna traccia sulla neve. Non ero certo il primo marinaio ad essersi innamorato del verticale; il primo fu Tilman nel 1957 e le sue spedizioni sono ancora oggi ineguagliate per quell’alchemico equilibrio di romanticismo e adrenalina raccontato come inevitabile più che come avventuroso. Ecco, inevitabile, nell’ordine naturale delle cose.
Non arrivai in cima, arrivare primo su un picco o battere traguardi non hanno mai avuto il potere di sopire i miei desideri d’altrove, e in questa fase di accettazione, seguita a veloci emancipazioni e lunga redenzione, la contemplazione basta a se stessa. Trovai una terrazza con vista sul mondo, mi girai e guardai. Ciò che vidi non furono montagne su montagne e poi mare fino all’orizzonte. Vidi qualcosa di diverso. Vidi una fotografia di Ansel Adams, una infinita striscia di montagne di cristallo bianco intorno a me, proiettate su uno sfondo nero senza fine, vette bianche su mare e cielo neri, un contrasto a cui solo il mare artico può dare un senso, un’esistenza, un’essenza. Ed ero io il faro che proiettava la luce.
La sera
La stazione di pesca all’ingresso del piccolo fiordo è diroccata da decenni, ci si passa davanti immaginando le grandi stanze maleodoranti di merluzzo e le alte travi del vecchio magazzino arrampicato su vecchi pilastri di ferro e massi grigio lucido di bassa marea. Si nasconde tra le grandi e famose spiagge di Vestvagoya, oltre la collina decine di camper in fila appena dietro la battigia attendono burrasche vicine e lontane per scatenare l’adrenalina degli amanti delle onde. Si passa di fronte a poche case e il fiordo termina lontano dall’oceano, in una strana laguna selvaggia, alle spalle dei contrafforti occidentali dell’isola. L’ancora scende, si accoccola alla sabbia, si addormenta, silenzio. La barca alla fonda, slegata da terra e senza cime d’ormeggio, naviga seguendo il vento, solo lo fa molto lentamente: è in mare, trasmette la stessa libertà e le stesse ansie. E’ un castello con un grande fossato, un’isola autonoma e indipendente che non ha bisogno della terra, delle sue regole e dei suoi uomini. E mentre si fa sempre più buio la barca brandeggia, offrendo allo sguardo ora un tramonto, ora una parete rocciosa, ora una brughiera nebbiosa, e ti avvolge nel suo universo amniotico per nutrirti, scaldarti e proteggerti. E tu non hai bisogno altro che un tetto, calore, amore e cibo, ed è tutto intorno a te, a portata di capriccio.
La notte
Severine Bergithe Tonde nacque il 31 gennaio del 1845, quando era ancora quasi sempre buio, e si innamorò il 27 gennaio del 1860, perché era ancora quasi sempre buio e l’amore è la prima giusta e inevitabile luce.
L’amore a 16 anni naviga su ogni mare come fosse vento, senza curarsi che certi mari sono il cuore di qualcuno. Ma Severine barò, sedusse e vinse, tanto che il diavolo se ne innamorò. E la fece ancor più bella e incantatrice, troppa luce per la piccola chiesa del villaggio, che pregò, barò e vinse, quando Severine scivolò nel mare a primavera, il 29 aprile del 1866, quando fuori era ancora buio. Del suo amor ebbe in cambio una croce, ma nessuno osò piantarla nel terreno ed ancora oggi resta lì, sola, appoggiata all’albero più lontano dalla chiesa, a braccia aperte e collane di rame, come una lucciola a sedurre storie per gli sconosciuti. Al diavolo non fan difetto i vizi capitali, ma invece d’ira con lussuria rispose, e la portò sopra il villaggio come una stella, a sventolar gonne di seta verde quando è ancora quasi sempre buio, giusta e inevitabile luce. Appoggia le ginocchia sulle montagne bianche, lisce cosce di neve e soddisfa le proprie voglie, barando seducendo e vincendo ogni volta che è quasi sempre buio, e gli occhi della chiesa salgono, rapiti e lascivi, annebbiati di cascate verdi.