La prima volta che incontrai Ken Murray fu il 2 aprile dell’anno 2000 allo Yacht Club Argentino di Buenos Aires, un surreale arcivescovado di conio antico quanto il paese, ovviamente destinato a sopravvivere intatto al ciclone finanziario che già si presagiva appena varcati i cancelli custoditi 24 ore al giorno. Asciutto e sempre sorridente, Ken navigava su un Grand Banks 42 piedi rigorosamente a motore (‘Se decidi di navigare solo lungo le coste del continente americano, il costo di vele e albero è ingiustificato’, spiegò subito tradendo cultura ed educazione da ingegnere) insieme alla sua compagna di viaggio Helen, una deliziosa nonnina dai capelli bianchi già sulla settantina. Una decina di anni prima, insieme al suo ex marito, Helen aveva finalmente coronato il suo sogno di mollare tutto e navigare per il Mondo. Come spesso accade, la prima traversata dalla California alle Hawaii lasciò un segno profondo sul marito, che scese a Honolulu, vendette la barca e promise di non ricadere più nello stesso errore. Lei prontamente divorziò. Non era però facile trovare un altro principe azzurro mare, quindi rimediò un vecchio camper e si diresse mesta verso la Baja California. Dal canto suo Ken più o meno negli stessi anni fece conti precisi e si disse che tutto sommato l’assegno mensile di royalties per un brevetto di sua proprietà gli avrebbe consentito una vita onorevole in Sudamerica. Allora scelse la barca adatta, la peparò per grandi imprese (serbatoi supplementari e tornio, per dirne un paio), e iniziò a costeggiare la costa verso Baja California. Quando una signora intenta a suonare la chitarra su una spiaggia apparse nelle lenti del suo binocolo, scese con il battellino e le chiese cosa stesse facendo li’
‘Aspetto l’uomo che mi porti in mare’
‘Eccomi madame’
Iniziarono allora a seguire insieme la costa del Messico verso mezzogiorno, poi Canale di Panama, Colombia, Venezuela e dolcemente tutto il Brasile per giungere a Montevideo. Erano di passaggio a Buenos Aires per una breve visita, la città e specialmente lo yacht club non esattamente in sintonia con le corde liberal di Ken.
‘Qui sono italiani che parlano spagnolo e pensano di essere lord inglesi’
‘Eh caro Ken, io sono italiano e quel che peggio di prima generazione decadente dopo diverse virtuose, qui ci starei dei mesi’. Mesi che in effetti si trasformarono in anni.
Ken mi invitò a bordo dove Helen aveva appena sfornato dei biscotti al cioccolato, riempiendo la cabina luminosa di un aroma sublime, non dissimile da quanto Starbucks cercava da anni di riprodurre con l’aiuto di un esercito di chimici.
Helen , Ken e il loro Pelagic avevano messo radici allo Yacht Club Uruguayo di Montevideo, e il ‘nostro’ si divertiva a fare lavori saltuari grazie a quella tipica capacità americana di utilizzare al meglio strumenti inventati in Europa. Meccanica, falegnameria e ingegneria elettronica erano merce rara a Montevideo e Ken divenne presto membro onorario della comunità.
Nei mesi successivi feci spesso scalo nella capitale Uruguagia, nella metà dei casi senza averne l’intenzione, martellato indietro da quell’infido tratto di mare che separa il Rio de la Plata e i porti meridionali del Brasile. Puntualmente i suoi attrezzi sfornavano pezzi e riparavano circuiti, la sua pacatezza riportava il sole dopo ogni burrasca e gli immancabili biscotti al cioccolato di Helen facevano dimenticare alle narici il novembre del mare arrabbiato.
Ken invece era indeciso: desiderava moltissimo continuare a navigare verso sud e raggiungere la Patagonia ma temeva che la sua barca e le sue forze non fossero all’altezza delle meschinità meteorologiche dei 50 urlanti.
‘Sono praticamente da solo, anche il motore è uno solo, ho vetrate grandi come vetrine.. basta un’onda e colo a picco’
‘Vero’, risposi, ‘ma hai il vantaggio che il vento soffia sempre da ovest, quindi stai sempre vicino alla spiaggia e di onde ne vedrai davvero poche’
L’estate successiva Pelagic era ormeggiata a Ushuaia.
‘Marco non hai idea di quanto sia stato vicino alla costa… Così vicino infatti che un mattino, dopo aver passato una notte all’ancora per riposarmi, vidi la mia stessa ancora proprio li a prua, sulla battigia, messa a nudo da diversi metri di bassa marea… non proprio un episodio da inserire nel curriculum da marinaio. Unico danno una vetrata laterale in cui entrai involontariamente, soffiato da una raffica nel porto di Comodoro Rivadavia’
‘Beh, siete arrivati fin qui, non vi resta che doppiare l’Horn, dicono che nessuna barca da diporto a motore l’abbia mai fatto’, dissi abbuffandomi di biscotti al cioccolato che pareva Helen sfornasse in continuazione.
La vita è un po’ così, una questione di flussi, o di soffi… Se ti porta in alto bisogna approfittarne, scalare la montagna più alta e spiccare il volo. Dopo qualche settimana Pelagic era a Puerto Williams, pronta per l’Horn. L’Armada cilena non era particolarmente entusiasta che un’anziana coppia facesse il periplo del capo con una barca a motore, per giunta con un uno solo, e richiese la presenza di una barca appoggio, quindi ebbi il grande onore di accompagnarli lungo tutta la rotta per Isla Hornos. (Non sfiori il lettore nemmeno per un attimo il dubbio su quale fosse in realtà la barca meccanicamente più affidabile…). Dopo le classiche tappe a Puerto Toro e Caleta Maxwell, Cadeau e Pelagic salparono con una moderata brezza da nordovest e circa 3 metri di onda da ponente, sufficienti a far sparire Pelagic alla vista quando cullata nel cavo dei marosi, con Ken che dava tutto motore per approfittare del permesso di un Eolo propizio. Erano all’incirca le 13 del 7 febbraio 2001 quando Pelagic diede la comunicazione all’Armada del passaggio del capo, aggiungendo che avrebbe proseguito senza sosta fino a Puerto Williams, e nel complesso fece una tappa unica di una quarantina di ore… le calorie dei biscotti al cioccolato…
Helen, Ken e Pelagic si stabilirono a Ushuaia, Ken iniziò a praticare scialpinismo e dotò la barca di un meraviglioso camino a legna. Lo rividi a Buenos Aires a cavallo della sua magnifica Matchless rossa degli anni 50, che aveva lasciato a Montevideo e si apprestava a portare in Patagonia. Nel novembre del 2005 Ken scrisse ai sui amici che Helen se n’era andata, vittima di un infarto, e che lui avrebbe continuato a navigare i mari Patagonici da solo. Non a lungo però, infatti non molto tempo dopo incontrò e si innamorò di Eef Williams, skipper olandese che navigava i canali a bordo di Tooluka. Lascio la parola a Eef.
‘Oggi vi scrivo dalla Groenlandia, a pochi giorni dall’inizio dell’estate, dopo quasi sei mesi di viaggio che ci hanno portati da 55 sud a 64 nord. Abbiamo sperimentato il caldo tropicale e calme equatoriali, belle veleggiate nei 40 ruggenti e lunghe calme nel Davis Strait, ma mai nessuna tempesta. Abbiamo seguito più o meno esattamente il piano originale. Da Ushuaia alle Falklands via Staten Island. A nord di Stanley si è fatto sempre meno freddo e la navigazione stupenda fino a Sant’Elena dove abbiamo passato una settimana. Tappa successiva Ascensione con un’altra tappa di una settimana prima di salpare per le Azzorre che abbiamo raggiunto in meno di 4 settimane e poi esplorato per circa un mese. Da San Miguel poi abbiamo raggiunto la Groenlandia con venti molto favorevoli, generalmente levante e massimo 25 nodi. In tutto quasi 11mila miglia! Vita ridotta all’essenziale, vento, mare, mangiare e dormire, Ken e me. Che regalo meraviglioso ci siamo fatti!.
Per tutte queste miglia Tooluka si è presa cura di noi, così carica poverina, con tutte le cose di Ken traferite a bordo dopo la vendita di Pelagic.
Giusto una veloce nota sulla salute di Ken a cui, come forse saprete, è stato diagnosticato un male incurabile che ci ha portati a questo viaggio: anche se le statistiche dicono che sia già ben oltre sei mesi la data concessagli dal destino, continua ad essere forte. Certo il suo corpo è sempre più debole, ma la sua forza mentale è solida come non mai, riesce a tenere il dolore sotto controllo e godiamo di ogni singolo giorno insieme. Chissà cosa ha in serbo il futuro per noi, certo è che nessuno ci può togliere i ricordi di questa esperienza’
Ken si spense il 25 agosto 2009 nell’ospedale di Aasiaat, in Groenlandia, alle ore 23 e 50.